VIAGGIO INVOLONTARIO
Frammenti dal libro
a cura di Benedetto Gusano
Questo libro è stato stampato
per la quarta edizione di
Comunicare fa male
Fivizzano - luglio e agosto 1999
Beatrice Cioni
RACCONTO A NESSUNO
Un giorno come tanti, in camera mia ascoltando musica, Nessuno che mi guarda, Nessuno che "parla" con me.
Non mi lamento, dovrei studiare, ma la mia connaturata pigrizia me lo impedisce, mi fa preferire crogiolarmi al pallore di questo tiepido sole invernale che illude di scaldarmi, dal vetro.
L'ennesimo fidanzato mi ha lasciata... era stufo, si annoiava. Il mio mondo mi ruota intorno distrattamente, ogni altro elemento gli è periferico. A Nessuno solamente è concesso entrare nel cerchio magico dei miei pensieri.
A volte questa solitudine ostinata mi fa paura, mi sta stretta, soprattutto quando si circonda del colore diafano dei giorni vuoti, allora mi soffoca, come la nebbia quando sono in auto al mattino; altre volte è anche bella: Nessuno e io, io e Nessuno... il mio mondo è tutto qui, dentro di me, e posso scegliere la durata del mio tempo, il tempo e lo spazio perdono ogni parvenza di oggettività, tutto assume il ritmo del respiro della mia coscienza. Solo i ritmi biologici di Nessuno aggrappano questo mio mondo al tempo degli altri.
Oggi però ho voglia di parlare. Il mio interlocutore obbligato, unico, è Nessuno. Tento di confidargli le mie pene, gli chiedo, ingenua (o forse estremamente sola), consiglio. Ma Nessuno non può rispondere. Sento i suoi occhi indifferenti, o forse è solo la mia coscienza stanca delle stesse confessioni che ormai è indifferente?
Delusa provo a raccontargli una storia. Nessuno, questa volta, si dimostra più interessato. In silenzio, ascolta.
Gli racconto la storia di un angelo.
<< C'era una volta un Angelo, era bellissima, aveva splendenti occhi verdi. Un Dio, certamente benevolo, me L'aveva messa a lato quando io ero ancora bebè. È cresciuta con me, mi ha insegnato, da piccola, a giocare e a essere felice. Per la verità ci ho messo un sacco di tempo a imparare, io ero triste per natura, piangevo per niente e non sapevo apprezzare la bellezza della vita. Paziente mi ha insegnato la gioia.
Quando eravamo ragazzine con la Sua delicata e discreta generosità ha sopportato e corretto la mia competitività, mi ha insegnato ad amare e a essere amata. Quando ero triste mi faceva sfogare e poi ridere. Io non l'ho mai fatto con Lei, credevo che non ce ne fosse bisogno... era il mio Angelo, e allora non sapevo che anche gli angeli potessero soffrire. Ho confuso la gioia che mi dava per una sua assenza di problemi. Adesso so che sono stata egoista, da Lei ho preso molto le ho dato poco. Ma forse non è neanche così, dare gioia per lei era naturale. Era un Angelo ottimista, ma non superficiale, con i suoi meravigliosi occhi verdi mi indagava l'anima, e a volte ha pianto con me... per darmi coraggio mi diceva che il suo angelo ero io, la Sua sorella maggiore. Io Le credevo e mi sentivo immensa.
Mi piaceva toccarla, e aveva un buon profumo... ma la cosa che mi piaceva di più era affidarmi a Lei, a occhi chiusi, io che ho sempre avuto il terrore del buio, da Lei mi lasciavo condurre ovunque.
Il mio Angelo era diventata una splendida donna, ma se n'è dovuta andare.
Una sera, con la pioggia, è uscita e non è più tornata.
Ed io, caro Nessuno, senza il mio Angelo sono incapace di vivere.>>
Mentre parlo sento il profumo del mio angelo riempire la stanza, e poi un movimento dentro di me, come quando il nastro si riavvolge per poter iniziare una nuova visione. Cerco nella memoria quelle smorfie che mi mettevano di buon umore, uno sforzo ancora e "sento" le parole che rompevano la tristezza.
Nessuno si stiracchia, si gira sul dorso, invocando coccole, e al contatto con la mia mano, emette un miagolio insolito, scintillante, come la Sua risata.
Il sole fuori scalda veramente, presto sarà ancora primavera.
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